Nel mercato del lavoro italiano si sta verificando una rivoluzione silenziosa, ma di grande impatto. Un recente studio condotto da Indeed insieme a YouGov ha rivelato una verità che molti professionisti avevano già intuito: oggi, l’esperienza pratica vale spesso più della laurea. Un segnale chiaro di come stia cambiando il modo in cui si valutano talento e potenziale.

Oltre il “pezzo di carta”: il valore concreto dell’esperienza
I numeri parlano da soli: il 64% dei recruiter italiani intervistati ha dichiarato che preferirebbe assumere un candidato con una solida esperienza professionale, anche in assenza di un titolo universitario, piuttosto che il contrario.
In passato, la laurea era spesso vista come il lasciapassare per una carriera di successo. Oggi, invece, le aziende puntano su ciò che i candidati sanno fare davvero, indipendentemente da dove (o se) l’hanno studiato. È un cambio di paradigma che ridefinisce il concetto stesso di “profilo ideale”.

Selezione skills-first: il talento si misura sul campo
Sempre più imprese adottano un approccio skills-based, orientato alle competenze pratiche e al potenziale operativo. L’esperienza maturata, anche in contesti informali o non convenzionali, viene riconosciuta e valorizzata. Che si tratti di freelance, volontariato, corsi online o progetti personali, ciò che conta è la capacità di portare risultati.
Come sottolinea Gianluca Bonacchi, Talent Strategist di Indeed, questo approccio permette alle aziende di accedere a un bacino di talenti più diversificato e autentico, andando oltre i classici filtri accademici.
I titoli contano ancora, ma non sono tutto
Attenzione: la formazione universitaria non è certo da buttare. In ambiti altamente regolamentati, come medicina, ingegneria o diritto, resta un requisito imprescindibile. Ma nella maggior parte dei settori, il diploma di laurea ha perso la sua aura di garanzia assoluta.
Le imprese sono oggi più attente a soft skills, capacità di adattamento, pensiero critico e autonomia. Valori che non sempre si apprendono sui banchi, ma che emergono nella pratica, spesso affrontando sfide reali.

La carenza di profili spinge al cambiamento
Il cambiamento non nasce solo da una nuova mentalità, ma anche da una necessità concreta: l’86% delle aziende italiane segnala difficoltà a trovare candidati adeguati. E il problema si è accentuato negli ultimi tre anni, complici:
- la mancanza di competenze specifiche (43%);
- la scarsa coerenza tra i CV ricevuti e le posizioni aperte (28%);
- richieste economiche troppo alte da parte dei candidati (27%).
Risultato? Le aziende si stanno adattando, rivalutando i criteri di selezione e cercando modi più efficaci per riconoscere il potenziale nascosto dietro un percorso magari non convenzionale.
Come si stanno muovendo le imprese?
Per affrontare questo scenario in evoluzione, molte aziende stanno già modificando le proprie strategie HR:
- Annunci di lavoro più mirati: meno focus su titoli e più attenzione alle competenze chiave.
- Strumenti digitali per il recruiting: software intelligenti che leggono tra le righe dei CV e analizzano meglio le esperienze.
- Miglioramento dei pacchetti retributivi: benefit e salari più competitivi per attrarre i giusti profili.
- Formazione continua: il 77% delle aziende ha aggiornato – o sta aggiornando – i propri programmi di training per colmare i gap interni.

Un curriculum che racconta il saper fare
Il classico CV cronologico non basta più. In un contesto che premia il “fare”, è essenziale presentarsi con un documento che racconti progetti, risultati, strumenti usati e problemi risolti. Anche le esperienze informali (volontariato, side project, corsi extra) possono diventare asset importanti, se raccontate con chiarezza e concretezza.
Un cambio di rotta che coinvolge tutti
Il futuro del recruiting non è più nelle mani del solo curriculum o del prestigio di un ateneo. È un processo collettivo che coinvolge aziende, candidati e mondo dell’istruzione:
- Le aziende devono saper riconoscere il potenziale, oltre i titoli.
- I candidati devono imparare a raccontare le proprie competenze in modo autentico e mirato.
- Il sistema formativo deve adeguarsi, puntando a una preparazione più pratica, dinamica e connessa al mondo reale.
In un mondo del lavoro sempre più fluido e veloce, vince chi sa mettersi in gioco, chi ha esperienza concreta e chi continua a imparare. Anche senza un 110 e lode stampato in cornice.
Fonte: Fluida.io