Trovare un nuovo lavoro può essere un processo impegnativo, soprattutto quando ci si confronta con quei “buchi” nel curriculum che sembrano gridare silenziosamente durante ogni candidatura: mesi (o anni) in cui non si è lavorato. Ma è davvero così grave? Spoiler: no. E anzi, con il giusto approccio, un periodo di inattività può diventare un’opportunità per mostrare resilienza, capacità di adattamento e competenze acquisite fuori dagli schemi tradizionali.

Che cos’è davvero un “buco” nel curriculum?
Un buco nel CV è semplicemente un periodo in cui non si è svolta un’attività lavorativa retribuita continuativa. Può trattarsi di qualche mese, ma anche di uno o più anni. Le ragioni sono tante: prendersi cura di un familiare, affrontare una malattia, dedicarsi alla formazione, viaggiare, crescere dei figli, cambiare carriera, oppure semplicemente prendersi del tempo per sé. In un mondo lavorativo in rapida trasformazione, queste esperienze sono sempre più comuni e meno stigmatizzate di quanto si pensi.
Il primo passo: normalizzare il “career break”
È importante cambiare prospettiva: un’interruzione nella carriera non è una macchia da nascondere, ma una parte del proprio percorso professionale. Parlare apertamente del proprio career break con consapevolezza e serenità dimostra maturità e onestà, due qualità molto apprezzate dai recruiter.
Un consiglio utile è inserire nel CV una voce dedicata al periodo di pausa, ad esempio “Anno sabbatico per crescita personale” o “Periodo di assistenza familiare”. Dare un nome e una cornice temporale a questi periodi li rende parte integrante della narrazione del proprio percorso, evitando che emergano come “zone d’ombra” durante il colloquio.

Come parlarne al colloquio: chiarezza, sintesi e valore
Durante il colloquio, è probabile che il recruiter chieda spiegazioni su questi periodi. Niente panico: affrontare l’argomento con sicurezza è già metà del lavoro. Ecco tre consigli pratici:
- Sii trasparente e conciso: evita risposte vaghe o troppo elaborate. Un semplice “Ho deciso di prendermi un anno per assistere un familiare in difficoltà” è chiaro e diretto.
- Sottolinea cosa hai imparato: ogni pausa è anche un momento di apprendimento. Hai seguito un corso online? Migliorato una lingua straniera? Affrontato una situazione difficile che ha rafforzato la tua resilienza? Condividilo.
- Ricollega l’esperienza al ruolo per cui ti candidi: se durante il tuo break hai sviluppato soft skills come la gestione del tempo, la capacità di problem solving o la comunicazione, evidenziale. I recruiter apprezzano chi riesce a trarre valore anche dalle esperienze non convenzionali.
Esempi che fanno la differenza
Immagina due candidati:
- Anna ha un buco di 18 mesi nel suo CV, durante i quali ha viaggiato in Sud America. Al colloquio dice: “Ho sempre desiderato conoscere nuove culture e imparare lo spagnolo. Ho organizzato da sola il viaggio, gestito il budget e collaborato con realtà locali. Tornata in Italia, ho seguito un corso di project management per reinserirmi nel mercato del lavoro.”
- Marco si è fermato per 12 mesi per motivi familiari. Dice: “Mi sono preso una pausa per stare vicino a un familiare malato. In quel periodo ho maturato grande capacità di ascolto e gestione delle emergenze. Quando ho potuto, ho seguito webinar su temi legati al mio settore, per rimanere aggiornato.”
Entrambi hanno trasformato un potenziale punto debole in una narrazione autentica e positiva.

Preparati in anticipo: esercita la tua narrazione
Un buon consiglio è prepararsi a raccontare il proprio career break con naturalezza. Puoi esercitarti davanti allo specchio o con un amico, mettendo a fuoco tre elementi:
- Perché hai fatto una pausa
- Cosa hai imparato o fatto durante quel periodo
- Come quell’esperienza ti ha reso una risorsa più completa per il ruolo che stai cercando
Ultimo ma non meno importante: sii gentile con te stesso
La ricerca di lavoro è già abbastanza stressante senza dover portare con sé il peso della vergogna per un periodo di pausa. Ricorda che la tua carriera non è una linea retta. Ogni esperienza, anche quella fuori dagli schemi tradizionali, contribuisce a definire chi sei come professionista.
I buchi nel curriculum non devono essere vissuti come un ostacolo, ma come un’opportunità per raccontare chi sei davvero. Non si tratta di giustificarsi, ma di valorizzare.
E questo, più di ogni altra cosa, è ciò che rende la tua candidatura unica.